venerdì 3 ottobre 2008

LA PASSEGGIATA

Era il pomeriggio di un venerdì di fine autunno, faceva molto freddo ed aveva anche cominciato a cadere qualche goccia di pioggia.
Da dove ero sistemato io non la potevo vedere, ma il suo ticchettio ritmico contro i vetri della finestra aveva per me un suono inconfondibile.
Era da poco passata l’ora di pranzo ed Ugo, dopo aver girato curioso in lungo ed in largo per tutta la casa, si era adagiato comodo in quel angolo di divano che era ormai diventato il suo posto preferito per il classico riposino quotidiano.
Quel giorno però Ugo aveva sonnecchiato un po’ di meno rispetto al suo solito ed una volta sveglio aveva cominciato a fissarmi con quei suoi occhioni grandi e lucenti, gli stessi che tanto tempo prima mi colpirono attraverso le sbarre metalliche di un canile al punto da convincermi a sceglierlo tra tanti suoi simili.
Io davanti a quello sguardo così tenero e dolce non ero mai stato capace di dire di no anche se sapevo benissimo che non farlo in quel occasione voleva dire essere costretti ad uscire fuori con quel tempaccio.
Quando infatti Ugo cominciava a guardarmi così era perché voleva essere portato fuori per la nostra passeggiata quotidiana e non c’era verso di non accontentarlo.
Avevo capito che per lui quella mezz’ora da trascorrere fuori insieme a passeggiare tra le stradine del quartiere era il momento più bello della giornata e rappresentava a tutti gli effetti un qualcosa di tanto importante da non poterci proprio rinunciare.
Per questo motivo quando potevo avevo sempre cercato di accontentarlo portandolo fuori anche nei giorni caldissimi d’estate o in quelli freddi d’inverno.
Ugo infatti, a differenza mia, nonostante fosse rimasto ormai solo, malandato e vecchio, aveva conservato la stessa voglia di vivere e di uscire di un tempo anche in pomeriggi rigidi e piovosi come quello.
Io con un tempo così invece me ne sarei rimasto volentieri avvolto nel calduccio di casa al riparo dall’acqua che fuori aveva iniziato a venire giù a secchiate.
Tutta quell’ umidità oltretutto non sarebbe stata certamente un toccasana per le nostre povere e vecchie ossa scricchiolanti.
Provai a fare il vago nella speranza che Ugo in qualche modo capisse che avrei preferito non portarlo fuori quella volta, ma lui era una vera testa dura e continuava a fissarmi con quell’aria triste e sconsolata che non mi lasciava scelta.
Rassegnato allora scrollai il capo, mi stiracchiai per bene sulla poltrona ed uscii dalla stanza per andare a prendere il guinzaglio sistemato nel solito posto.
Quando tornai di nuovo nel soggiorno Ugo appena mi vide scese dal divano e cominciò a farmi le feste perché aveva capito che stavamo per uscire.
Pochi minuti dopo ci lasciammo la porta di casa alle spalle e scendemmo giù per le scale.
Fuori le strade erano sgombre di auto ed i marciapiedi lucidi di pioggia che nel frattempo non aveva ancora smesso di scendere giù forte e diagonale.
Mentre camminavo la potevo sentire battermi addosso gelida e pungente.
Dieci metri più avanti, tutto bagnato e infreddolito, mi fermai in mezzo al viale e cominciai ad abbaiare forte per attirare l’attenzione di Ugo che subito si voltò verso di me per capire cosa mi fosse successo.
Bastò come sempre un solo incrocio di sguardi tra di noi per capirci al volo.
Un istante dopo Ugo infatti mi teneva tra le sue braccia calde sotto l’ombrello.
Per ringraziarlo gli leccai una mano e lui in risposta mi carezzò la testa.
Solo a quel punto io ed il mio padrone fummo di nuovo pronti per riprendere la passeggiata.

4 commenti:

Tiziano De Martino ha detto...

Ed ecco il secondo racconto breve in pochi giorni...ancora un altro paio e dovrei essere pronto...

Eraserhead ha detto...

Non ho capito una cosa, Tiziano : come mai posti solo le prime righe di questi racconti?
:)

Tiziano De Martino ha detto...

Ti rispondo subito: come avevo scritto su un post di qualche tempo fa, l'aver vinto il concorso letterario di Cecina, ma offre la possibilità di poter pubblicare (speriamo!) un qualcosa per la casa editrice che bandì il concorso stesso. La cosa dovrebbe avvenire ad inizio anno (incrocio le dita) e per l'occasione la responsabile mi ha chiesto ovviamente di farle leggere le mie cose. In particolare o un unico racconto di circa 50/60 cartelle o una serie di racconti brevi. Io un racconto lo sto scrivendo (quello che trovi online), un altro è completo, ma entrambi non possono essere racchiusi in sole 50 pagine. allora per non perdere questo treno l'unica alternativa è quella di scrivere ed inviarle una serie di storie brevi. Ne ho cinque adesso e non so se posso pubblicarle in internet prima della (eventuale) pubblicazione. Ecco perchè ne posto solo l'inizio. Potrei anche non pubblicarli per niente lo so, ma ci sono delle persone che mi seguono e so che gli fa piacere sapere che sto scrivendo e mi piace anche incuriosirle. Tutto qui spero di essere stato sufficientemente chiaro. Grazie ciao.

Anonimo ha detto...

Veramente carino il cane che porta a spasso il padrone... in effetti è vero sono convinti che siamo noi una loro proprietà e nn il contario...:-)