lunedì 21 settembre 2009

VENTOTTESIMO PASSO

NON SEMPRE I BUONI VINCONO MA NON SMETTONO MAI DI LOTTARE



Alessio viveva da sempre coi genitori in un piccolo, ma accogliente appartamento non lontano dal centro.
Per arrivarci bastava percorrere la Cristoforo Colombo verso fuori ed all’altezza della Fiera di Roma girare a sinistra verso la stazione.
Avevo percorso quella strada moltissime volte, soprattutto per andarlo a prendere col motorino quando, per un motivo o per un altro, dai vigili si era fatto ritirare il suo.
E questo purtroppo era accaduto talmente tante volte che il mio amico ad un certo punto fu costretto ad autodefinirsi il Re dell’infrazione.
Me lo ricordo grattarsi quei spini scuri che aveva sulla testa e sorridere mentre mi diceva “ tranquillo mi serve un passaggio, ma solo per oggi, stasera come al solito la Poliziotta passa al comando e sistema tutto”.
La Poliziotta, come la chiamava lui, non era altro che sua madre Antonella: una donna minuta sulla quarantina che con quei capelli corti tagliati sul collo e quell’inconfondibile sorriso ricordava molto la Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany.
Antonella aveva speso quasi tutta la sua vita a fare la poliziotta di quartiere e ad aiutare gli altri, per questo in zona era conosciuta da tutti e tutti le volevano bene.
Alessio dalla madre aveva ereditato gli stessi occhi e lo stesso sguardo, ma non di certo lo stesso senso di responsabilità, di misura e del dovere.
Per questo Antonella in più di un’occasione era dovuta correre in soccorso del figlio per tirarlo fuori dai guai davanti ai suoi colleghi, aggiungendo così ogni volta un nome nuovo alla lunga lista di persone alla quale lei doveva un favore.
Io ovviamente non facevo parte di quell’elenco, ma nonostante questo la Poliziotta me la ricordo bene.
In particolar modo la ricordo nelle sere fredde d’inverno quando la vedevo rincasare dopo il turno di servizio mentre stavo in camera con Alessio a giocare alla Playstation.
La prima cosa che faceva appena in casa era togliersi la divisa ingombrante, il cappello da poliziotto ed i proiettili dalla pistola di ordinanza prima di riporla sottochiave in un cassetto.
Poi dopo averci salutato con un abbraccio ed aver messo una pentola a bollire sul fuoco si concedeva un bagno caldo prima di ritornare in salotto con delle belle vestaglie laminate sempre diverse e delle pantofole di lana cotta colorate.
Una volta che cominciava a sbrigare le faccende di casa, io ed Alessio iniziavamo discretamente a ronzarle intorno in attesa del momento giusto per cominciare con la nostra solita sfilza di domande sui cattivi: “…allora Mà quanti omicidi ci sono stati oggi?...quante rapine hai sventato?...quanti ne hai messo al fresco?...a quanti hai dovuto sparare?...e via discorrendo.
Antonella ogni volta ci faceva finire di parlare poi con voce seria e tranquilla ci rispondeva sempre allo stesso modo “…no ragazzi niente di tutto questo, per fortuna è stata una giornata tranquilla e come ogni sera prego il Signore che quella di domani sia ancora più tranquilla di oggi”.
Alessio ed io,dopo quelle parole, ci fissavamo sempre per alcuni istanti prima di scrollare le spalle tradendo quel pizzico di delusione dovuto al fatto che Antonella sembrava non essere neanche una lontana parente degli “sbirri” tuttofare che popolavano i vari Action Hollywoodiani tipo Arma Letale o Beverly Hills Cop.
E se questa cosa a me in fondo non toccava poi più di tanto ad Alessio invece sembrava interessare e far soffrire molto.
Il mio amico infatti più di una volta mi aveva confessato di pregare quasi ogni notte affinché una sera la Poliziotta ritornando a casa avesse cominciato a raccontargli di sparatorie, di arresti, di rapine sventate, insomma di una qualsiasi storia così avvincente da poter finalmente rendere la madre l’eroina che lui aveva sempre sognato e sperato che fosse.
Ma le sue preghiere rimasero inascoltate a lungo, almeno fino a quando una sera Antonella non tornò a casa.
Una telefonata e le lacrime del padre ruppero il silenzio nella stanza dove noi due stavamo cercando il goal vittoria ad International Superstar Soccer.
Da subito non capimmo cosa fosse successo, ma poco dopo tutto purtroppo ci fu più chiaro.
Il giorno dei funerali la chiesa era piena di gente.
All’appello non mancava proprio nessuno: parenti, amici, quasi tutto il quartiere ed anche la Banda della Polizia.
Quando il suono acuto di una tromba iniziò ad intonare le note del Silenzio fuori ordinanza vidi piangere per la prima volta Alessio abbracciato al feretro col tricolore della madre.
Su quella bara c’erano appesi ben visibili una medaglia d’oro al valore ed una targa con su scritto “Non sempre i Buoni vincono, ma non smettono mai di lottare”.
Alessio era stato accontentato, Antonella la Poliziotta infatti da quel giorno divenne per tutti un’eroina.

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