sabato 2 febbraio 2013

DJANGO UNCHAINED - QUENTIN TARANTINO

Una settimana fa sono andato a vedere “Django Unchained”, ultima “fatica” cinematografica di Quentin Tarantino. Superato lo shock degli 8.20€ pagati all’ingresso (negli ultimi due anni sono entrato sempre gratis al cinema!) mi sono messo seduto bello comodo nella mia poltrona ed insieme a Maria, Diego e Luciano mi sono gustato lo spettacolo. Comincio con lo sgombrare subito il campo da eventuali equivoci: “Django Unchained” checché se ne dica non è uno spaghetti-western! Non lo è nelle tematiche trattate né nel modo in cui vengono raccontate; non lo è nella narrazione, nel ritmo e in senso più ampio non lo è neanche nel linguaggio cinematografico. Questo perché gli spaghetti-western, tranne qualche rara eccezione, sono film spazzatura, mentre questo Django è un film da un punto di vista estetico e di linguaggio davvero splendido. L’unico punto di contatto che ho trovato tra questo film ed il western all’italiana è riferibile semmai alla colonna sonora, ma  qui francamente il collegamento è talmente voluto e palese che è impossibile non notarlo. Se poi vogliamo dirla tutta DU non è neanche un western perché Tarantino ignora volutamente tutte le componenti che concorrono nella sua realizzazione e sinceramente non c’è tanto da stupirsi perché il buon Quentin non è nuovo a questi depistaggi: afferma di ispirarsi ai chambara giapponesi per la realizzazione di “Kill Bill” poi lo gira come uno spaghetti-western; fa credere che “Grindhouse” sarebbe stato un film sulle donne e i motori invece a conti fatti sembra più un episodio de “Ai confini della Realtà” di Hitchcock e in ultimo dichiara di rifarsi al film italiano di serie Z “Quel maledetto treno blindato” mettendo in scena invece “Bastardi senza gloria”, un film di una ricercatezza e di un’eleganza quasi “alla francese”. Allo stesso modo “Django Unchained” invece di essere uno spaghetti-western o un western e basta è in verità, per estetica e linguaggio, un film blaxploitation. Chiarito il discorso sui “generi” parliamo adesso del film. Mi è piaciuto? Non mi è piaciuto? Sicuramente non è il miglior film di Tarantino e nemmeno uno di quelli che rivedrei volentieri tra qualche mese, ma con questo non me la sento di scrivere che sia un film brutto. Chi ama il cinema di Tarantino probabilmente amerà anche DU perché grossomodo ci troverà dentro tutto lo stile e i vezzi del regista americano: personaggi estremamente caratterizzati, dialoghi serrati e sopra le righe, omaggi e citazioni come se piovessero, bellissima colonna sonora, grandi interpretazioni, regia brillante e bla bla bla. Tutto molto bello se non fosse che questo film al dunque manca maledettamente di sostanza! Mi spiego meglio: in due ore e mezza abbondanti di pellicola io non mi sono mai sentito coinvolto nelle vicende dei protagonisti, nella loro missione di salvezza e poi in quella della vendetta. Unico momento di tensione emotiva del film è la cena finale che però puntualmente e senza sorprese culmina nella scena di violenza quasi splatter che per come è costruita e presentata, abbiamo ormai già visto e rivisto nei film di QT. Concludo il mio commento con un appunto sulla durata esagerata del film che se raccontato in un paio d’ore (anziché quasi tre!) sarebbe stato sicuramente più gradevole e avvincente e soprattutto ci avrebbe risparmiato quella lunga-lunghissima e faticosa parte centrale che a visione terminata non aggiunge nulla al film. Nonostante tutto questo però “Django Unchained” va sicuramente visto, senza fretta e magari gratis o a prezzo ridotto, ma va visto.

P.S. davvero incommentabile la comparsata ai limiti del patetico di Franco Nero!

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