Domenica sera sono
finalmente andato a vedere “Dark Shadows” l’ultimo film scritto
e diretto da Tim Burton. Sono entrato in sala con un certa diffidenza
figlia degli insuccessi delle sue ultime (deludenti) pellicole e perché credevo che mi sarei trovato
davanti all’ennesimo remake (Dark Shadows è un vecchio e famoso telefilm) reinterpretato in puro stile Burton dove tutto come
al solito sarebbe ruotato intorno allo strambo, asincronico e
tenebroso Jhonny Depp. Questo era quello che pensavo prima di entrare
al cinema non quello che ho pensato a proiezione finita! Dark Shadows
infatti si è dimostrato essere un film davvero particolare: un
inaspettato mix di generi che mi ha sorpreso, divertito e coinvolto
dall’inizio alla fine. Difficilmente etichettabile, non è un
horror, non è una commedia e non è neanche un film drammatico pur
essendo tutte queste cose insieme, l’ultima fatica di Tim Burton
oltre ad essere girata con la solita maestria ed accuratezza
tecnico-stilistica ha anche una storia di base originale e a tratti
divertente. Questa:
il piccolo Barnabas è
poco più di un ragazzino quando viene portato dai genitori nel nuovo
mondo per cercare di sfuggire ad una terribile maledizione che
incombe sulla sua famiglia: i Collins. In America col passare degli
anni diventa un gran seduttore e riesce a far fortuna almeno fino a
quando l’amore non corrisposto per Angelique lo porterà ad essere
trasformato da questa giovane strega in un vampiro e ad essere
sepolto ed abbandonato dentro una bara per quasi due secoli. Si
risveglierà nel 1972 in un contesto storico profondamente differente
passato dall’industrializzazione al post industriale e dagli abiti
coi pizzi e i merletti a quelli vivaci e colorati degli Hippie.
Il contrasto di un
personaggio del diciottesimo secolo che imprevedibilmente si trova
suo malgrado a dover vivere nel ventesimo già da solo poteva bastare
per creare uno script interessante e divertente, se poi questo
personaggio è un vampiro interpretato da Depp allora il gioco è
davvero fatto; si perché ancora una volta il bell’attore americano
dimostra di trovarsi a suo agio nei panni di un “freak” come
Edward, Sweeny Todd o Willy Wonka: personaggi fragili, sofferenti,
incompresi e con un anima come appunto Barnabas Collins. Intorno a
Depp comunque hanno lavorato altri bravissimi attori capaci di
interpretare in maniera davvero convincente ognuno il proprio
personaggio: a partire da Michelle Pfeiffer, che pur di recitare un
ruolo in questo film ispirato al suo telefilm preferito, sembra abbia
chiamato personalmente Burton, passando per la sempre presente Helena
B. Carter fino ad arrivare alle splendide e calzanti interpretazioni
di Eva Green e Chloe Morets (già apprezzata di recente in Kick-Ass).
Tutti davvero bravissimi nei panni di un nugolo di personaggi dal
make-up creativo-estremo, inseriti alla perfezione in
un’ambientazione anni ’70 (che cinematograficamente come sempre
non delude mai!) caratterizzata però da atmosfere dark; un segno
distintivo dello stile di Tim Burton, una sorta di marchio di
fabbrica facilmente riconoscibile per quel tocco di gotico nelle
ambientazioni, per la fotografia desaturata, gli effetti speciali
raffinati e per la ricostruzione minuziosa delle location e dei
costumi che a me sinceramente avevano un po’ stancato soprattutto
dopo il barbiere Sweeney ed Alice, ma che qui sono molto efficaci e
funzionali sia alla storia che al film nel suo complesso. Dunque (un
po’) inaspettatamente posso affermare con soddisfazione di aver
(ri)visto finalmente un bel film di Tim Burton, non un capolavoro, ma
sicuramente una pellicola alla Sleepy Hollow, ossia una di quelle che
se tra qualche tempo mi ricapiterà sotto gli occhi avrò piacere di
rivedere senza impegno. Concludo con una nota sulla colonna sonora
che ovviamente puntando su pezzi di quegli anni non poteva deludere e
sul regista ed il suo uso perfetto, disinvolto e personale delle
carrellate sequenziali che io cinematograficamente parlando amo
svisceratamente!
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