
Da quel lontano sabato pomeriggio del 1991 è trascorso moltissimo tempo, i miei sedici anni hanno lasciato il posto ai quasi quaranta e gli album di Leandro Barsotti da uno sono diventati otto. L’ultimo (disponibile ora in tutti i digital-store e nei negozi specializzati) dal titolo “Non avevo più niente” arriva tredici anni dopo “Il segno di Elia” e rappresenta il regalo che il cantautore padovano (d’adozione) ha voluto fare a se stesso e agli “amici” per i suoi cinquant’anni. Distribuita dalla Artis Records, l’ultima “fatica” discografica di Leandro Barsotti è un lungo ed emozionante viaggio raccontato attraverso una raccolta di nove brani inediti (più “E se questa fosse l’ultima” omaggio all’amico Lucio Quarantotto) pieni di emozioni e di visioni. “Non avevo più niente” è un album intimo e sorprendente, una vera e propria dichiarazione d’amore verso la musica da parte dell’autore che è tornato sulla scena sfoggiando una maturità artistica di assoluto livello, in passato già esibita in brani come “Siamo gli uomini migliori”, “Dio beve champagne” o “Un’altra vita”. In alcuni brani dell’album, come “Maria” e “Nella stanza”, la voce di Barsotti graffia e apre ferite nell’anima, in altri, come “Rosso sangue salato” e “Non avevo più niente” a sorprendere è il linguaggio; in particolare trovo che proprio nel pezzo che da il titolo al disco ci sia la vera essenza del cantautore, tutto il suo stile e le sue contraddizioni costruite attraverso l’utilizzo di testi ricchi di amara-ironia mossi da arrangiamenti pop anni ’90 che una volta entrati nella testa non ne escono più. Completano la tracklist le itineranti “Malindi” e “Piazza San Sebastiano” e le poetiche “Maddalena”, “Sensi” e “Come ci si innamora”. Tredici anni sono stati una lunga attesa, ma a conti fatti ne è valsa davvero la pena perché “Non avevo più niente” di Leandro Barsotti è un album prezioso, che forse non sarà destinato ad entrare nelle classifiche per restarci, ma nei cuori di chi saprà capirlo ed apprezzarlo sicuramente si.
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