La prima volta che ho ascoltato un pezzo di Leandro Barsotti avevo poco più di sedici anni. Era un sabato pomeriggio come tanti altri quando insieme al solito gruppetto di amici entrammo da “Revolver”, uno dei negozietti di dischi più forniti che c’era al tempo a Roma, per dare un’occhiata alle novità e fare acquisti. In tasca avevo poco meno di 20.000 lire che mi dovevano bastare per comprare il biglietto dell’autobus per il ritorno ed un CD come auto-regalo per l’imminente Natale. Senza pensarci troppo andai sparato verso il reparto dedicato ai cantanti italiani e una volta arrivato davanti alla lettera B presi la mia copia di “Come un cammello in una grondaia” di Franco Battiato. I miei amici non erano stati veloci nella scelta come lo ero stato io, così mentre loro discutevano su quale album fosse meglio prendere tra “Nevermind” dei Nirvana, “Innuendo” dei Queen e “Dangerous” di Michael Jackson io continuai a girare tra gli scaffali del negozio fino ad arrivare davanti ad una piccola vetrina con gli album in offerta. Tra quelli esposti uno attirò immediatamente la mia attenzione per via dello strano titolo. Anche se comprandolo sapevo bene che non avrei avuto i soldi per il biglietto di ritorno, lo portai lo stesso con me alla cassa: quell’album era “Il caso Barsotti” di Leandro Barsotti.
Da quel lontano sabato pomeriggio del 1991 è trascorso moltissimo tempo, i miei sedici anni hanno lasciato il posto ai quasi quaranta e gli album di Leandro Barsotti da uno sono diventati otto. L’ultimo (disponibile ora in tutti i digital-store e nei negozi specializzati) dal titolo “Non avevo più niente” arriva tredici anni dopo “Il segno di Elia” e rappresenta il regalo che il cantautore padovano (d’adozione) ha voluto fare a se stesso e agli “amici” per i suoi cinquant’anni. Distribuita dalla Artis Records, l’ultima “fatica” discografica di Leandro Barsotti è un lungo ed emozionante viaggio raccontato attraverso una raccolta di nove brani inediti (più “E se questa fosse l’ultima” omaggio all’amico Lucio Quarantotto) pieni di emozioni e di visioni. “Non avevo più niente” è un album intimo e sorprendente, una vera e propria dichiarazione d’amore verso la musica da parte dell’autore che è tornato sulla scena sfoggiando una maturità artistica di assoluto livello, in passato già esibita in brani come “Siamo gli uomini migliori”, “Dio beve champagne” o “Un’altra vita”. In alcuni brani dell’album, come “Maria” e “Nella stanza”, la voce di Barsotti graffia e apre ferite nell’anima, in altri, come “Rosso sangue salato” e “Non avevo più niente” a sorprendere è il linguaggio; in particolare trovo che proprio nel pezzo che da il titolo al disco ci sia la vera essenza del cantautore, tutto il suo stile e le sue contraddizioni costruite attraverso l’utilizzo di testi ricchi di amara-ironia mossi da arrangiamenti pop anni ’90 che una volta entrati nella testa non ne escono più. Completano la tracklist le itineranti “Malindi” e “Piazza San Sebastiano” e le poetiche “Maddalena”, “Sensi” e “Come ci si innamora”. Tredici anni sono stati una lunga attesa, ma a conti fatti ne è valsa davvero la pena perché “Non avevo più niente” di Leandro Barsotti è un album prezioso, che forse non sarà destinato ad entrare nelle classifiche per restarci, ma nei cuori di chi saprà capirlo ed apprezzarlo sicuramente si.
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