"LA CHITARRA INVISIBILE" O "NOTE DI SILENZIO"?
Il vento proveniente da nord soffiava forte tra le fronde degli alberi ridotti in spogli scheletri dal gelo di un inverno freddo come non se ne ricordava da anni.
Alex guardò l’orologio ed affrettò il passo fino quasi a correre lasciando sotto i piedi i segni del suo passaggio come cicatrici di fango sulla neve che in poco tempo aveva ricoperto il viale deserto.
Da lì a poco suo padre non vedendolo tornare a casa si sarebbe cominciato a preoccupare e per lui sarebbero stati guai grossi.
Per questo Alex con la sua fidata chitarra a tracollo saltò il recinto di protezione scegliendo di passare per la strada più breve e pericolosa, quella che il padre gli aveva sempre raccomandato di non fare, quella del Parco.
Quella scorciatoia infatti era la sua unica speranza di arrivare in tempo a casa.
Così il ragazzino corse a perdifiato e senza mai voltarsi attraverso quella distesa d’erba ghiacciata fino allo spiazzo che portava dritto all’uscita.
Piegato in due dalla stanchezza Alex con le mani sui fianchi si fermò a riprendere fiato e sorrise al suo orologio che adesso diceva “ce la puoi ancora fare ad arrivare in tempo!”.
In effetti da dove si trovava ora si potevano vedere attraverso gli alberi le lucette del palazzo in cui viveva.
Superato a passi veloci il selciato alberato che segnava la fine dello slargo e l’inizio dell’area asfaltata con le prime casette a schiera, Alex notò un gruppetto di ragazzi che disordinati stavano simulando una partita di calcio con un pallone fantasma.
Quando lo videro passare smisero di giocare ed urlando gli corsero incontro sbarrandogli la strada.
Il più robusto di tutti, con le maniche del Columbus rigirate sui gomiti, il cappellino con visiera dei Lakers e le Ethnis mimetiche ai piedi, cominciò a girargli intorno.
Doveva essere il capo perché gli altri erano rimasti indietro in silenzio come se aspettassero che a parlare per primo fosse lui.
“…e tu che cazzo ci fai qui tutto solo con una chitarra appesa al collo?”.
“…sto tornando a casa…è tardi e a quest’ora mio padre sarà in pensiero…” rispose Alex con voce tremolante.
“…e non te l’ha detto tuo padre che è pericoloso passare per il parco a quest’ora?” sorrise lo stesso guardando i suoi amici.
“…si lo so…me l’ha detto…” Alex sputò l’aria fuori dai polmoni disegnando una nuvoletta davanti alla bocca “…ma stavo facendo tardi ed ho deciso di prendere questa scorciatoia…io abito lì…” alzò un dito per indicare le case dietro ai ragazzi “…vi prego lasciatemi andare o per me finisce male!”.
Il capo del gruppo rimase per un po’ senza parlare.
Si stava toccando il mento coi primi fili di barba come per concentrarsi a pensare, poi girando la visiera del suo berretto americano domandò “…sei un chitarrista?”:
Alex annuì abbassando la testa.
“…bene ragazzino…se sei un chitarrista allora suonaci qualcosa…” incrociò le braccia “…e mi raccomando che sia qualcosa di bello altrimenti per te stasera davvero finisce male…”.
Alex guardò l’orologio.
Ormai si era fatto tardi e se non avesse voluto altri guai non gli restava altro da fare che accontentare quei ragazzi, così sfilò dalle spalle la tracolla della sua chitarra ed iniziò ad accordarla.
Tutti intorno quei ragazzi cominciarono a fischiare ed a battere i piedi in terra sulla neve.
Alex cominciò a pizzicare le corde della sua chitarra.
Era una vecchia Fender usata, ma aveva comunque conservato un buon timbro.
Il ragazzino suonò un assolo di quasi cinque minuti ed i ragazzi del parco dopo le urla ed i fischi dell’inizio rimasero per tutto il tempo immobili senza fiatare ad ascoltare.
Quando l’ultima nota finì di vibrare dalla corda ci fu un istante di silenzio spezzato dalla voce greve di uno dei ragazzi, quello col piumino Air Jordan e i jeans Karl Kani “…cazzo ragazzino!!!...ma tu sei completamente andato…tu sei fuso…tu sei pazzo!!!...”.
Alex cominciò a guardarsi intorno preoccupato “…perché ho suonato male?” domandò timidamente.
“…ma vaffanculo!!!...” rispose stavolta il capo banda “…tu suoni così bene che se uno ti ascolta rischia di restarci secco…tu ci vuoi far diventare matti…tu ci vuoi mandare in corto il cervello!!!...”.
Alex sgranò gli occhi perplesso senza capire.
“…vattene via ragazzino…vattene via tu e la tua stramaledetta chitarra…e non farti più vedere in giro siamo intesi…”.
Senza farselo ripetere due volte il ragazzino cominciò a correre a testa bassa sapendo che il peggio doveva ancora arrivare.
Entrato in casa infatti Alex trovò il padre ad aspettarlo dietro alla porta.
Appena lo vide gli si scagliò addosso gridando a squarciagola verso il figlio frasi incomprensibili.
Alex fu veloce prima a schivare uno schiaffo diretto dritto in faccia e poi a chiudersi nella sua stanza.
Seduto sul suo letto poteva vedere attraverso la finestra quei ragazzi continuare a fare finte, dribbling, cross, passaggi e tiri calciando il loro pallone invisibile.
“…quando le vuoi Alex?...” il padre ora sembrava essersi calmato “…le vuoi adesso o domani mattina?...” concluse bussando alla sua porta.
“…domani…”.
Il giorno successivo Alex rimase sorpreso perché per la prima volta il padre non tenne fede alla sua promessa e per tutta la mattina tra una lezione e l’altra si domandò il perché di quel suo insolito comportamento.
La risposta alla sua domanda comunque non tardò ad arrivare.
Quando infatti Alex tornò dalla scuola ed entrò nella sua stanza non vi trovò più la sua inseparabile chitarra.
Quello era stato il modo che aveva scelto il padre per punirlo.
“…ti prego papà non puoi farmi questo!!!...”.
“…ah certo che posso Alex!!!...posso perchè sono tuo padre ed ho il dovere di darti un’educazione adeguata…”.
“…no…la chitarra no…” gridò disperato in lacrime “…ti prego papà ridammela…”.
“…te la darò indietro quando imparerai ad obbedirmi…quando imparerai a darmi ascolto…e quando avrai migliorato i tuoi risultati a scuola…” sentenziò l’uomo.
Nonostante le suppliche Alex non riuscì ad intenerire il padre e rassegnato e singhiozzante si rinchiuse solitario nella sua stanza.
I primi giorni senza la sua chitarra sembrarono non passare mai.
Poi i giorni tristi divennero settimane finché una sera Alex sdraiato sul suo letto, ripensando a quei ragazzi che giocavano a calcio senza avere un pallone vero, ebbe un’illuminazione.
Nel buio della sua stanza si sedette sul pavimento e cominciò ad accordare una chitarra immaginaria ed a muovere le dita per suonarla.
Lo fece una, due, tre, dieci, cento volte, sera dopo sera fino a migliorare notevolmente la sua tecnica.
Alla fine del mese di punizione Alex era in grado di suonare delle bellissime note di silenzio e quando gli fu restituita la sua chitarra fu così felice che abbracciò il padre e corse fuori a suonare.
Da quella volta Alex imparò ad alternare le sue chitarre: la vecchia Fender poteva suonarla per tutti mentre la chitarra invisibile suonava soltanto per lui.
Alex guardò l’orologio ed affrettò il passo fino quasi a correre lasciando sotto i piedi i segni del suo passaggio come cicatrici di fango sulla neve che in poco tempo aveva ricoperto il viale deserto.
Da lì a poco suo padre non vedendolo tornare a casa si sarebbe cominciato a preoccupare e per lui sarebbero stati guai grossi.
Per questo Alex con la sua fidata chitarra a tracollo saltò il recinto di protezione scegliendo di passare per la strada più breve e pericolosa, quella che il padre gli aveva sempre raccomandato di non fare, quella del Parco.
Quella scorciatoia infatti era la sua unica speranza di arrivare in tempo a casa.
Così il ragazzino corse a perdifiato e senza mai voltarsi attraverso quella distesa d’erba ghiacciata fino allo spiazzo che portava dritto all’uscita.
Piegato in due dalla stanchezza Alex con le mani sui fianchi si fermò a riprendere fiato e sorrise al suo orologio che adesso diceva “ce la puoi ancora fare ad arrivare in tempo!”.
In effetti da dove si trovava ora si potevano vedere attraverso gli alberi le lucette del palazzo in cui viveva.
Superato a passi veloci il selciato alberato che segnava la fine dello slargo e l’inizio dell’area asfaltata con le prime casette a schiera, Alex notò un gruppetto di ragazzi che disordinati stavano simulando una partita di calcio con un pallone fantasma.
Quando lo videro passare smisero di giocare ed urlando gli corsero incontro sbarrandogli la strada.
Il più robusto di tutti, con le maniche del Columbus rigirate sui gomiti, il cappellino con visiera dei Lakers e le Ethnis mimetiche ai piedi, cominciò a girargli intorno.
Doveva essere il capo perché gli altri erano rimasti indietro in silenzio come se aspettassero che a parlare per primo fosse lui.
“…e tu che cazzo ci fai qui tutto solo con una chitarra appesa al collo?”.
“…sto tornando a casa…è tardi e a quest’ora mio padre sarà in pensiero…” rispose Alex con voce tremolante.
“…e non te l’ha detto tuo padre che è pericoloso passare per il parco a quest’ora?” sorrise lo stesso guardando i suoi amici.
“…si lo so…me l’ha detto…” Alex sputò l’aria fuori dai polmoni disegnando una nuvoletta davanti alla bocca “…ma stavo facendo tardi ed ho deciso di prendere questa scorciatoia…io abito lì…” alzò un dito per indicare le case dietro ai ragazzi “…vi prego lasciatemi andare o per me finisce male!”.
Il capo del gruppo rimase per un po’ senza parlare.
Si stava toccando il mento coi primi fili di barba come per concentrarsi a pensare, poi girando la visiera del suo berretto americano domandò “…sei un chitarrista?”:
Alex annuì abbassando la testa.
“…bene ragazzino…se sei un chitarrista allora suonaci qualcosa…” incrociò le braccia “…e mi raccomando che sia qualcosa di bello altrimenti per te stasera davvero finisce male…”.
Alex guardò l’orologio.
Ormai si era fatto tardi e se non avesse voluto altri guai non gli restava altro da fare che accontentare quei ragazzi, così sfilò dalle spalle la tracolla della sua chitarra ed iniziò ad accordarla.
Tutti intorno quei ragazzi cominciarono a fischiare ed a battere i piedi in terra sulla neve.
Alex cominciò a pizzicare le corde della sua chitarra.
Era una vecchia Fender usata, ma aveva comunque conservato un buon timbro.
Il ragazzino suonò un assolo di quasi cinque minuti ed i ragazzi del parco dopo le urla ed i fischi dell’inizio rimasero per tutto il tempo immobili senza fiatare ad ascoltare.
Quando l’ultima nota finì di vibrare dalla corda ci fu un istante di silenzio spezzato dalla voce greve di uno dei ragazzi, quello col piumino Air Jordan e i jeans Karl Kani “…cazzo ragazzino!!!...ma tu sei completamente andato…tu sei fuso…tu sei pazzo!!!...”.
Alex cominciò a guardarsi intorno preoccupato “…perché ho suonato male?” domandò timidamente.
“…ma vaffanculo!!!...” rispose stavolta il capo banda “…tu suoni così bene che se uno ti ascolta rischia di restarci secco…tu ci vuoi far diventare matti…tu ci vuoi mandare in corto il cervello!!!...”.
Alex sgranò gli occhi perplesso senza capire.
“…vattene via ragazzino…vattene via tu e la tua stramaledetta chitarra…e non farti più vedere in giro siamo intesi…”.
Senza farselo ripetere due volte il ragazzino cominciò a correre a testa bassa sapendo che il peggio doveva ancora arrivare.
Entrato in casa infatti Alex trovò il padre ad aspettarlo dietro alla porta.
Appena lo vide gli si scagliò addosso gridando a squarciagola verso il figlio frasi incomprensibili.
Alex fu veloce prima a schivare uno schiaffo diretto dritto in faccia e poi a chiudersi nella sua stanza.
Seduto sul suo letto poteva vedere attraverso la finestra quei ragazzi continuare a fare finte, dribbling, cross, passaggi e tiri calciando il loro pallone invisibile.
“…quando le vuoi Alex?...” il padre ora sembrava essersi calmato “…le vuoi adesso o domani mattina?...” concluse bussando alla sua porta.
“…domani…”.
Il giorno successivo Alex rimase sorpreso perché per la prima volta il padre non tenne fede alla sua promessa e per tutta la mattina tra una lezione e l’altra si domandò il perché di quel suo insolito comportamento.
La risposta alla sua domanda comunque non tardò ad arrivare.
Quando infatti Alex tornò dalla scuola ed entrò nella sua stanza non vi trovò più la sua inseparabile chitarra.
Quello era stato il modo che aveva scelto il padre per punirlo.
“…ti prego papà non puoi farmi questo!!!...”.
“…ah certo che posso Alex!!!...posso perchè sono tuo padre ed ho il dovere di darti un’educazione adeguata…”.
“…no…la chitarra no…” gridò disperato in lacrime “…ti prego papà ridammela…”.
“…te la darò indietro quando imparerai ad obbedirmi…quando imparerai a darmi ascolto…e quando avrai migliorato i tuoi risultati a scuola…” sentenziò l’uomo.
Nonostante le suppliche Alex non riuscì ad intenerire il padre e rassegnato e singhiozzante si rinchiuse solitario nella sua stanza.
I primi giorni senza la sua chitarra sembrarono non passare mai.
Poi i giorni tristi divennero settimane finché una sera Alex sdraiato sul suo letto, ripensando a quei ragazzi che giocavano a calcio senza avere un pallone vero, ebbe un’illuminazione.
Nel buio della sua stanza si sedette sul pavimento e cominciò ad accordare una chitarra immaginaria ed a muovere le dita per suonarla.
Lo fece una, due, tre, dieci, cento volte, sera dopo sera fino a migliorare notevolmente la sua tecnica.
Alla fine del mese di punizione Alex era in grado di suonare delle bellissime note di silenzio e quando gli fu restituita la sua chitarra fu così felice che abbracciò il padre e corse fuori a suonare.
Da quella volta Alex imparò ad alternare le sue chitarre: la vecchia Fender poteva suonarla per tutti mentre la chitarra invisibile suonava soltanto per lui.
6 commenti:
:)
Ma già l'hai letto? neanche avevo finito di fare le correzione che c'era il tuo commento lampo!
Spero ti sia piaciuto...più tardi spiego qualcosa su questo racconto...grazie Lady...c'è posta per te...
sono molto efficiente io! :)
ALCUNE SPIEGAZIONI SUL RACCONTO:
La soria raccontata è tratta da un fatto vero accaduto diversi anni fa e già precedentemente narrato da altri autori e scrittori più famosi di me. Diciamo che la mia storia ha subito dei cambiamenti ed adattamenti storico-geografici derivanti dal mio modo di scrivere e da quello che avevo intenzione di proporre. L'idea di raccontare la storia di un "CHITARRISTA" mi ronzava in testa da un bel pò di tempo e l'amicizia con una ragazza esperta in materia ha accelerato la mia curiosità e la voglia di scriverla. Questo "raccontino" lo dedico a lei e non c'è bisogno di fare nomi perchè immagino che lo capirà. Quindi anche se non si tratta di un'opera "originalissima" spero vi piaccia il modo che ho scelto per raccontarla. Non è detto che in futuro non realizzi un corto tratto da questo...ho le scene già in testa...avete letto? bene poi non ditemi che non ve l'avevo detto!!!
E' giusto aggiungere che anche GUITAR HERO III ci ha messo del suo...anche se sono un "pivello" il gioco per l'XBOX è ed è stato il mio ultimo trip...ovviamente in attesa del nuovo ZELDA!!!
P.S. intanto nell'attesa del ritorno di Link che chissà se e quando uscirà mi consolerò con TOP SPIN 3.
pure a TOP SPIN sei na pippa quindi l'unic gioco che ti rimane è ZELDA ma anche lì ci sono degli aiuti,io batto i mostri luciano legge le mappe tu cosa fai?comunque un gioco dove tiziano può sfondare a livello mondiale è quello delle GABBIETTE!!!li è veramente un fenomeno,velocissimo nell'individuare gli uccellini...dai che nei prossimi 100 anni sony farà un gioco progettato su misura per tè,io un idea gia ce l'avrei "WORLD TOUR CHAMPION HUNTING A BIRD IN CAGE"se non capite il titolo traducetelo su internet...
buona traduzione!!!
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