venerdì 23 agosto 2013

LA CLASSIFICA DELLE MIE GELATERIE PREFERITE


Come (quasi) tutti sanno sono un vero e proprio amante del cono-gelato; come forse non tutti sanno invece da qualche anno a questa parte, con la complicità di Maria, mi diverto a classificare le varie gelaterie che incontro nei miei viaggi stilando ed aggiornando di volta in volta una vera e propria classifica. Come indici di paragone per farlo utilizzo questi cinque semplici parametri: grandezza (prendo sempre un cono da 2.50€), consistenza, gusto, cialda e cortesia ai quali assegno un voto da 1-10. Dopo le mie ultime vacanze nelle Isole Eolie e a Cortona la classifica ha subito un bel paio di scossoni ed oggi si presenta così: 

6° POSTO: GELATERIA FIORELLI (Sperlonga) 
Si tratta di una gelateria-pasticceria storica che fa davvero un ottimo gelato artigianale e per questo è sempre molto piena. Al gusto il gelato è molto buono anche se non ha superato a pieni voti la prova consistenza. La cortesia non è proprio di casa, i coni sono piuttosto piccoli e personalmente boccio la cialda “Nocciolcono”. 

5° POSTO: ZERO GRADI (Marina di Campo) 
Si tratta dell’unica gelateria in franchising presente in classifica. Ho messo quella di Marina di Campo perché rispetto alle altre (Capoliveri, Portoferraio etc.) è quella che ho provato due volte. Il gelato è buonissimo (pistacchio su tutti), c’è un’ottima varietà di gusti, il personale è sempre sorridente ed è molto affascinante il modo in cui il gelato viene “carezzato” con le palette. La nota dolente nasce dalla consistenza quasi liquida del gelato e dalla sua “piccolezza”! 

4° POSTO: BUONOCORE (Capri)
Nella splendida location di Capri c’è questa bellissima e storica gelateria che ha nella cialda artigianale fatta al momento e servita calda il suo fiore all’occhiello. Anche il gelato in termini di gusto e di consistenza è davvero buono peccato per la scarsa varietà dei gusti, per le dimensioni del gelato sufficiente giusto per un assaggio e per il personale che non eccelle in termini di simpatia. Inaccetabile poi il sovraprezzo per la panna! 

3° POSTO: GELATO TI AMO (Cortona) 
Solo per il nome questa gelateria meriterebbe il primo posto, ma sono costretto ad arretrarla nel gradino più basso del podio per la cialda troppo croccante (tipo quella del cornetto Algida per intenderci), la consistenza troppo leggera e le dimensioni dei gelati davvero ai minimi storici! Peccato perché qui ho gustato forse il miglior pistacchio di sempre e un cheesecake da leccarsi i baffi. 

2° POSTO: AVANT-GARDE (Lipari)
All’interno di questo bar-gelateria situato nella passeggiata principale del centro dell’Isola ho mangiato uno dei gelati più buoni di sempre! sorprendente in termini di gusto, grandezza e compattezza da meritare forse il primo posto se non fosse per la scelta troppo essenziale dei gusti disponibili e per l’atteggiamento quasi infastidito del personale che (sbagliando secondo me!) sembra puntare più sulla parte bar che sulla gelateria scarsamente ed inspiegabilmente poco pubblicizzata! 

1° POSTO: GELO VIOLA (San Teodoro)
Il Gelo Viola è una grande gelateria artigianale situata nel centro di San Teodoro che rappresenta una tappa obbligatoria per chiunque si trovi in vacanza da quelle parti. Vista dall’esterno appare come una delle tante gelaterie “da vacanza” piena di gente in fila, di luci colorate e neon con due enormi banconi pieni zeppi di vaschette di gelato dietro ai quali schizzano frenetiche cinque o sei ragazze vestite tutte uguali coi colori della gelateria. Insomma a dirla così sembrerebbe niente di ché! Ma una volta arrivato il tuo turno la storia cambia totalmente: il cono gelato che infatti ti ritrovi a stringere tra le mani somiglia molto da vicino ad una imponente e pesante torcia olimpica! Il gelato è di una bontà, di una cremosità e di una compattezza quasi commoventi! Non si scioglie e non finisce mai e quando stai per mandare giù l’ultimo pezzo della sua fragrante cialda, col quel sorrisetto ebete e compiaciuto sulla faccia, ti convinci definitivamente che il “Dio del Gelato” esiste!

NOW YOU SEE ME - LOUIS LETERRIER


Qualche giorno fa approfittando del brutto tempo sono andato a vedere “Now you see me – I maghi del crimine” profondamente convinto che potesse essere il film straniero più bello dell’anno, quello da incoronare nei prossimi Riserva 75 Awards tanto per intenderci. Beh ci tengo a dire subito che non sarà così. Probabilmente l’eccessiva aspettativa e l’ingiustificata speranza che nutrivo nei riguardi di questa pellicola trovava spiegazione nella mia passione oltre che per il Cinema anche (e soprattutto) per la Magia; così era bastato un teaser confezionato a mestiere e la presenza di Woody Harrelson su tutti, a farmi sussultare sul divanetto di casa in attesa di andarlo a vedere. Un bel po’ prima della fine della proiezione però ho capito che l’ultima fatica di Louis Leterrier (di cui mi era piaciuto anche il criticatissimo “Scontro tra Titani”) non era un capolavoro, ma nonostante questo arrivati i titoli di coda avevo stampato sul volto un bel sorriso soddisfatto e compiaciuto. NYSM infatti è una bella pellicola, dinamica, piena di ritmo e di qualità che nonostante qualche palese buco in sceneggiatura (su tutti la scomparsa improvvisa di Michael Caine!) e una regia un po’ ripetitiva nei movimenti di macchina regala allo spettatore quasi due ore di brillante intrattenimento. Tra le cose che mi sono piaciute di più c’è sicuramente la scelta intelligente del cast che abbracciando più generazioni accontenta tutti, dai veterani seguaci di Morgan Freeman a quelli più giovani rappresentati da Dave Franco e soprattutto da Jesse Eisemberg per la prima volta impegnato in un ruolo “cool”; anche i dialoghi costantemente frizzanti ed i ritmi sostanzialmente ben calibrati non mi sono dispiaciuti, mentre tra le cose che ho apprezzato meno metto la gestione un po’ caotica delle scene “action”, l’uso fine a se stesso degli effetti speciali ed il finale troppo “prevedibilmente” sorprendente.

P.S. l’attrice francese Melanie Laurent, che non avevo mai visto prima, è davvero molto bella.

RED 2 VS KICK-ASS 2


Dopo "World War Z vs "Pacific Rim" (stravinto dal secondo per me!) ecco un nuovo ed appassionante "duello" cinematografico! ancora non ho visto nessuno dei due film, ma se penso ai primi due capitoli dopo la prima visione per me avrebbe vinto Red, ma alla lunga avrei scelto sicuramente Kick-Ass. Chissà come andrà stavolta? appena li vedrò entrambi vi farò sapere...

sabato 17 agosto 2013

E' PARTITO "L'ISOLA DI FUOCO TOUR"

Come avevo anticipato qualche settimana fa su un post di questo blog, sono finalmente riuscito a mettere le mani su uno dei giochi da tavola che avevo più amato da ragazzino, "L'Isola di Fuoco". Andato perduto (insieme ad un altro mucchio di "giocattoli") nel famoso trasloco del 1987, questo fantastico e "tridimensionale" gioco della MB ha rivissuto negli ultimi anni un nuovo splendore che ne ha fatto diminuire drasticamente la disponibilità su internet, aumentandone smisuratamente il valore di mercato! trovarne una copia sul web era un'impresa molto difficile, trovarne una copia in buono stato con tutti i "pezzi" ed il manuale presenti, le carte non sciupate e la scatola ok era impossibile, trovarne una copia perfetta al prezzo che ho trovato io beh inimmaginabile! insomma la trattativa è stata lunga e faticosa, ma alla fine devo dire che ne è valsa davvero la pena perché "L'Isola di Fuoco" è un gioco di società vecchio stile ancora più divertente di quanto mi ricordassi! la plancia-gioco gigante e colorata è davvero strepitosa, il sistema biglie-palle di fuoco davvero spettacolare e le regole di gioco simili al classico "Gioco dell'Oca" sono semplici, ma arricchite da una serie di imprevisti e colpi di scena che tengono tutti gli esploratori col fiato sospeso fino all'ultima casella dell'attracco. A tal riguardo ne sanno qualcosa i miei compagni d'avventura Luciano "Mani morte" De Nardis, Simone "Er Grotta" Lelli e Fabrizio "Carta pazza" Marzullo che hanno preso parte alle prime due tappe estive dell' "Isola di Fuoco Tour" che si concluderà con la Premiazione del vincitore con relativo Trofeo intorno alla fine dell'anno.  Visto il successo di pubblico che sta avendo questo mini-evento, inventato e voluto dal sottoscritto, sto pensando di allargare il numero dei partecipanti, di creare eventi speciali con punteggi raddoppiati e anche sfide in doppio. Ovviamente tutte gli aggiornamenti, i risultati e le novità sul Tour verranno riportate su questo blog e su Facebook. 

PAIN & GAIN - MICHAEL BAY


Di Michael Bay avevo amato i “Bad Boys”, mi era piaciuto parecchio “The Rock” mentre avevo storto un po’ il naso coi “Transformers” in attesa dell’uscita del suo film sulle mie amatissime Tartarughe Ninja prevista per il prossimo anno. Nell’attesa di vedere il “restyling” subito da Leonardo, Donatello e fratelli la settimana scorsa ho così convinto una riluttante Maria a venire con me al cinema a vedere “Pain & Gain – Muscoli e denaro”, ultima fatica cinematografica del regista di “Armageddon”. A differenza di quanto faccio abitualmente stavolta non avevo preso nessun tipo di informazione sul film che stavo per vedere, mi era bastato infatti sapere solo chi fosse il regista e che l’ingresso al cinema fosse gratis per giustificare la mia scelta. A proiezione ultimata il mio primo pensiero è stato rivolto proprio a questa mia ultima considerazione e più precisamente al fatto che con tutta certezza avrei fatto sicuramente meglio a prendere prima qualche informazione sul film prima di andare a vederlo. Dico questo perché “Pain & Gain” non è proprio un brutto film, ma uno di quelli che hanno l’imperdonabile pecca di non coinvolgerti mai e di lasciarsi guardare piatti dall’inizio fino ai titoli di coda. Non è bastata la solita brillante interpretazione di Mark Walberg né quella atonica ed impacciata di Dwayne Jhonson per alzare anche solo di un’asticella il mio giudizio complessivo su questo P&G che non vale secondo me neanche i 2€ del noleggio.

ROCK OF AGES - ADAM SHANKMAN


Se qualcuno mi avesse detto che un giorno avrei commentato con entusiasmo un film-musical sicuramente non l’avrei creduto ed anzi quasi certamente l’avrei preso per pazzo! Al pari della fantascienza (con qualche rara eccezione) il musical infatti è il genere più lontano dai miei gusti e quello con l’indice di gradimento più basso! Però in questo “Rock of Ages” c’era un qualcosa che sotto sotto mi incuriosiva, un qualcosa che non avevo ben chiaro che però alla fine mi ha convinto a vederlo. Forse si trattava del suo cast di tutto rispetto, forse della curiosità di vedere attori come Tom Cruise e Alec Baldwin cantare o forse chissà solo il piacere di riascoltare quei classici del rock che , strano a dirsi, avevo imparato ad amare grazio ai videogiochi della saga “Guitar Hero”. Sta di fatto che senza non tradire un background di scetticismo, l’ho caricato sul mio smartphone e me lo sono visto con tanto di cuffiette stereo sul treno diretto a Milazzo! Beh che dire, la storia nella sua banalità: giovane ragazza che dalla periferia parte alla volta di Hollywood per inseguire il suo sogno di cantante, rappresenta un classico, un evergreen dal successo (quasi) assicurato. E così questo “Rock of Ages” fila liscio raccontando le peripezie artistiche e sentimentali della protagonista (Julianne Hought) e del suo ragazzo (il bravissimo Diego Boneta) fino all’inevitabile, prevedibile, ma riuscitissimo lieto fine. Nel mezzo tutta una serie di “sketch” musicali ben realizzati e coreografati dal Regista Adam Shankman che donano un vicace tocco di colore e di ironia ad un film che io ho finito con l’amare da subito. La pellicola a conti fatti risulta impreziosita oltre che dalla suadente voce di Mary J.Blide, anche e soprattutto dalle interpretazioni di Paul Giamatti, Malin Akerman e dello strepitoso Tom “Stacee Jaxx” Cruise! Questo ROA mi costringerà ad introdurre una nuova categoria nei miei “Riserva75 Awards” ed anche se a detta degli “esperti” non rende giustizia all’omonimo musical di Brodway di cui ne è l’adattamento cinematografico, a me è piaciuto tantissimo e non vedo l’ora di rivederlo su uno schermo tv con un’impianto audio all’altezza.

DEVIL RED - JOE R.LANSDALE

Al pari di “Vanilla Ride” anche questo “Devil Red” l’ho trovato assolutamente strepitoso, almeno in tutta la sua prima parte fine all’ingresso in scena (da me a lungo auspicato!) di Vanilla Ride. Fino a quel momento il racconto era stato davvero divertente, scoppiettante ed in grado di incollare il lettore alle sue pagine. Ho gradito e anche parecchio direi, l’aspetto più malinconico e riflessivo col quale vengono “tracciati” in questo racconto i due protagonisti che appaiono come mai prima d’ora, appesantiti ed invecchiati. La trama si dipana a meraviglia e come al solito non mancano né nuovi ed interessanti personaggi né soprattutto colpi di scena che raggiungono il loro clou dapprima con l’inaspettata crisi di Hap poi col ferimento a morte di Leonard ed infine col la scoperta dell’identità dell’implacabile sicario conosciuto col nome di Devil Red! Quello che non rende questo racconto il migliore in assoluto della saga è secondo me il finale un po’ troppo tirato per i capelli che neanche la riapparizione inaspettata (ma neanche troppo!) di Vanilla Ride riesce del tutto a salvare. Peccato perché in fondo gli ingredienti per renderlo davvero “unico” c’erano tutti: la crisi di panico e morale di Hap, Leonard in fin di vita, il plot riuscitissimo, l’alternanza tra la solita ironia sboccata e le riflessioni intimistiche dei protagonisti, i convincenti personaggi di contorno, il ritorno di Vanilla e i dialoghi come sempre riuscitissimi. Nonostante quest’ultima considerazione ritengo “Devil Red” uno dei racconti più belli scritti da Joe R.Lansdale finora al pari di “Rumble Tumble” e “Vanilla Ride”, uno di quelli che ti fanno venire voglia di leggerne subito un altro…

VANILLA RIDE - JOE R.LANSDALE


Dopo il mezzo passo falso precedente (vedi “Capitani oltraggiosi”) la macchina narrativa di Joe R.Lansdale si rimette in moto e lo fa alla grande confezionando quello che secondo me è il racconto più bello che vede come protagonisti Hap e Leonard! Dopo un inizio entro certi versi un po’ banale (liberare la nipote di Marvin Hanson da un gruppetto di trafficanti di droga) la storia decolla e dopo un vorticoso susseguirsi di colpi di scena trova il suo apice massimo nel finale quando entra in scena un nuovo straordinario personaggio: Vanilla Ride, la bellissima e letale ragazza-sicario che da il titolo al romanzo. Personalmente ritengo questa micidiale bionda il personaggio più riuscito (fatta eccezione per i protagonisti) dell’intera serie e quello che spero di ritrovare nei prossimi racconti di Hap e Leonard. Concludo il mio commento spendendo due parole sull’altro nuovo personaggio della storia, Tonto, che pur non avendo lo stesso appeal di VR a me è piaciuto parecchio e facendo una considerazione sull’importanza della traduzione: il passaggio dall’ottima Einaudi alla mediocre Fanucci, soprattutto all’inizio, è stato davvero destabilizzante!

P.S. ho riportato di proposito il titolo del racconto originale “Vanilla Ride” e non quello inspiegabilmente trasformato dalla Fanucci “Sotto un cielo cremisi” perché credo che mai come in questo caso il titolo sia stato più azzeccato!

CAPITANI OLTRAGGIOSI - JOE R.LANSDALE


Il sesto capitolo della saga Hap & Leonard tra quelli letti finora è quello che ho amato meno nonostante sia comunque uno dei racconti più spassosi ed incalzanti della serie. L’atto eroico con il quale Hap salva la figlia del suo ricchissimo datore di lavoro, che sarà poi l’incipit dell’intera storia, sinceramente l’ho trovato un po’ forzato, come ho trovato un po’ forzato il successivo sviluppo della stessa in quel del Messico. I nuovi personaggi introdotti in corso d’opera non mi hanno appassionato come i precedenti co-protagonisti (Jim Bob, Brett, Marvin etc.) ed anche il cattivissimo di turno, un nudista convinto a capo della mala di Playa del Carmen ed il suo assistente gigante, non mi hanno convinto fino in fondo. Nonostante questo Joe R.Lansdale si conferma ancora una volta uno scrittore davvero eccezionale capace di costruire una trama complessa e convincente che ahimè scade in un finale troppo sbrigativo e non all’altezza delle altre storie lette in precedenza.
 

martedì 6 agosto 2013

CHAWLIE PADDLE UBERPONG

La seconda edizione del Torneo "San Paolo Ping-Pong Open" è alle porte e migliorare il mio incredibile secondo posto sarà davvero un'impresa ai limiti dell'impossibile soprattutto dopo il passaggio dai sei agli otto partecipanti. Per questo motivo mi sto allenando a tempo perso e mi sto attrezzando alla meno peggio per non farmi trovare impreparato all'attesissimo evento di fine mese. Da qui la decisione di cercare una racchetta che in qualche modo mi permetta di migliorare i miei colpi e di valorizzare il mio gioco eccellente soprattutto in difesa. Dopo una quindicina di giorni di ricerca la mia scelta è ricaduta sulla "Chawlie Paddle Uberpong" che oltre ad essere esteticamente molto carina (merito del suo ideatore Charlie Chauvin) ha dei voti piuttosto incoraggianti nei tre parametri fondamentali del ping-pong: la velocità, il controllo e lo spin. Speriamo che il servizio spedizioni statunitense e poi quello italiano facciano un buon lavoro e mi recapitino la Chawlie Padder in tempo per il torneo, se non sarà così allora vorrà dire che la testerò nel primo indoor settembrino. Se nel frattempo riuscirò a trovare anche una fascetta tricolore come quella stampata sulla racchetta allora non ce ne sarà più per nessuno...

lunedì 5 agosto 2013

LAMA DI RASOIO - MASSIMO LUGLI

Appartenente alla collana della “New Compton Editori” da 0.99€, questo “Lama di rasoio” di Massimo Lugli (altro Autore che non conoscevo) a me a conti fatti non è dispiaciuto. La trama è abbastanza coinvolgente ed anche se ci sono delle parti risolte un po’ troppo alla leggera ed il finale si sviluppa in due pagine, devo dire che si lascia leggere piacevolmente. Lo sfondo della storia, che vede come protagonista l’investigatore (senza età!) Mastrantonio, è una Roma poco ingombrante e scolorita che fa solo da contorno sfumato ai tanti personaggi presenti nel racconto e ai tre casi di omicidio che sono alla base della storia. Lo stile di Massimo Lugli non mi dispiace a patto che non venga paragonato con quello di altri “giallisti” più famosi ed indiscutibilmente molto più bravi di lui (Joe R.Lansdale, Stephen King, Mo Hayder ai quali aggiungerei anche Carlo Lucarelli tanto per fare i nomi di autori ho letto recentemente). Il suo stile è piuttosto diretto ed essenziale, poche descrizioni, parecchi dialoghi e continui ed improvvisi cambi di scena minimalisticamente introdotti, ai quali ho fatto un po’ fatica ad abituarmi. Mi è piaciuta poi parecchio la scelta dell’Autore di inserire nel suo racconto argomenti a lui cari, come i cenni e le nozioni sulle arti marziali che non sono mai apparse estemporanee, ma assolutamente calzanti col lo sviluppo della storia. Il plot non è un intreccio alla Guy Ritchie prima maniera, ma non dispiace perché già dalle prime pagine si ha la sensazione di avere tra le mani un “Giallo Mondadori” vecchio stampo che è perfetto da leggere a bordo piscina o sotto un ombrellone con un bel drink in mano.

SOGNI DI SANGUE - LORENZA GHINELLI

Rimasto imperdonabilmente senza nessun libro da leggere dopo soli due giorni di vacanza a Lipari, e con un mucchio di letture interessanti lasciate a Roma, ho deciso di investire poco meno di 3€ ed acquistare tre dei racconti che la “New Compton Editori” ha messo in vendita a soli 0,99€ l’uno. Tra questi c’era “Sogni di Sangue” di Lorenza Ghinelli, una giovane autrice che io sinceramente non avevo mai sentito nominare, ma che mi aveva incuriosito oltre che per l’anno di nascita anche e soprattutto perché finalista con questo racconto, del “Premio Strega”. A lettura ultimata (ci ho impiegato due giorni scarsi per finirlo tra una pausa ombrellone e una relax post doccia) devo dire che sono rimasto piuttosto deluso. La storia nel complesso è piuttosto banale e non brilla in termini di ritmo e coinvolgimento; i personaggi sono “trattati” piuttosto sbrigativamente e in poco più di cento pagine non ci si lega a nessuno di essi; lo snodo principale del racconto è risolto frettolosamente e non c’è uno straccio di colpo di scena che sia uno o un sussulto improvviso che riesca a far uscire il lettore dal piattume di una narrazione che procede lenta e prevedibile fino al finale prevedibilissimo. A poco servono gli slanci stilistici dell’Autrice che pur dimostrando a tratti di avere una discreta abilità lessicale, pecca colpevolmente in termini di costruzione e sviluppo del plot. Un buon racconto diventerà un libro di successo quando sarà in grado di creare nel lettore quel senso di attesa che lo spingerà incuriosito a voltare pagina dopo pagina per scoprire cosa accadrà in quella successiva e quella dopo ancora. In “Sogni di sangue” invece si gira velocemente pagina solo per togliersi il pensiero ed arrivare il prima possibile alla parola fine…